SOCIOLOGIA: DALL'UGUAGLIANZA ALLA DIFFERENZA

 DALL’UGUAGLIANZA ALLA DIFFERENZA


IL VALORE DELL’UGUAGLIANZA

Tra il XVII e XVIII, durante l’epoca illuminista il valore dell’uguaglianza è stato invocato nelle battaglie della borghesia rivoluzionaria, in opposizione ai privilegi di classe della nobiltà e del clero. 

Questo valore è poi confluito nelle costituzioni dei moderni Stati liberali, come garanzia di giustizia e di democrazia. Nella Costituzione italiana questa viene regolamentata dall’articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. In questo senso l’idea di uguaglianza è stata impugnata per combattere le discriminazioni a danno dei soggetti più deboli. 

L'uguaglianza può essere intesa in due modi:

  • uguaglianza formale: prerogativa originaria da tutelare

  • uguaglianza sostanziale: condizione da promuovere concretamente (nell’articolo 3 la Costituzione prevede che lo Stato si impegni a rimuovere tutti quegli ostacoli che limitano l’uguaglianza dei cittadini)



IL VALORE DELLA DIVERSITà

I cittadini sono uguali rispetto a quello che lo stato offre loro, ma diverse sono le loro esigenze e quindi le loro richieste allo Stato.

Il primo ambito in cui è emersa questa “diversità” è quello della professione di fede, che dal Seicento in poi fu causa di molti conflitti. 

Lo strumento teorico a cui venne affidato il riconoscimento di questa diversità fu la nozione di tolleranza, teorizzata tra il XVII e il XVIII da John Locke nel Saggio della tolleranza. Egli affermò che ogni persona deve poter scegliere liberamente in quale Dio credere e in quali forme esercitare il proprio culto, purché non le sue pratiche non ledano alla comunità. 

Decenni più tardi questo venne ripreso anche dal filosofo francese Voltaire nel Trattato sulla tolleranza. Voltaire traendo spunto da un caso giudiziario innescato da atteggiamenti di fanatismo religioso, teorizzò che l’intolleranza è il peggior male sociale e che il reciproco rispetto delle differenti convinzioni portasse le persone a vivere in uno spirito di fraternità.



IL NOVECENTO: RELATIVISMO E MOVIMENTI SOCIALI

Nel Novecento nuove acquisizioni hanno conferito all’idea di “diversità” una forza sempre maggiore:

  • la consapevolezza dell’impossibilità di poter raggiungere una prospettiva unificante della realtà ha suggerito che la pluralità delle interpretazioni e dei linguaggi a cui la filosofia e la scienza si affidano è una caratteristica ineludibile di ogni rapporto dell’essere umano con il mondo;

  • lo sviluppo delle scienze sociali ha reso coscienti di come la stessa realtà quotidiana sia il prodotto di costruzioni e pratiche simboliche che variano sensibilmente a seconda del contesto socio-culturale. 

Anche i movimenti sociali hanno rafforzato la diversità, in quanto lottando per ottenere visibilità hanno avvertito la necessità di ribadire la propria distanza dalle norme e dai modelli socialmente vigenti.  


“NERO è BELLO”: IL CASO DEGLI AFROAMERICANI

Un esempio significativo della positività della differenza è la moderna percezione della multiculturalità e ci è dato dall’evoluzione del movimento dei neri americani, nalla lotta contro la discriminazione sociale delle persone di colore. 

L’obiettivo del movimento era la conquista dei diritti civili, ovvero la rimozione dei vincoli che ponevano i neri in una posizione sfavorevole rispetto ai bianchi.  Il principio di base era, quindi, quella dell’ideale dell’uguaglianza, come nel discorso I have a dream di Martin Luther King, in cui il leader afroamericano auspicava un mondo nel quale gli Stati Uniti d’America riconoscessero la naturale uguaglianza di tutte le persone, come previsto dagli ideali di libertà e democrazia che prevedevano nella loro Carta fondamentale.

Parallelamente maturò la necessità di combattere la discriminazione e il pregiudizio con strumenti ideologici alternativi a quelli socialmente dominanti e di recuperare una propria identità etnica e culturale, sul piano linguistico come su quello delle tradizioni, delle usanze, delle pratiche sociali. Un altro storico leader afroamericano Malcolm X racconta dei disperati sforzi da lui compiuti da ragazzino per rendere i propri capelli simili a quelli dei coetanei bianchi. Da adulto Malcolm X respinge con sdegno la pretesa di “assimilarsi” ai bianchi a tal punto da rifiutare persino il proprio aspetto fisico. 

L'atteggiamento del giovane Malcolm X rifletteva un atteggiamento che rimase a lungo diffuso all'interno della popolazione afroamericana. Prendere congedo da questi atteggiamenti e affermare con orgoglio la propria specificità fu dunque parte integrante della richiesta di riconoscimento sociale avanzata dai neri americani: Black is beautiful; slogan coniato dall’abolizionista ottocentesco John Swett Rock che divenne la denominazione programmatica del loro movimento. 


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